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D
Dare una cenciàta

  1. Passare lo straccio bagnato sul pavimento per pulirlo e igienizzarlo.
  2. Imporre una pesante sconfitta all'avversario. Come spuciare.

Nella seconda accezione, ovviamente, la cenciata si può anche prendere, non solo dare.

Dàttero

Cozza, mitilo.

A Livorno i veri datteri di mare si chiamano, appunto, datteri veri.

Interiezione che può assumere innumerevoli significati, deducibili dal contesto, dall'intonazione della voce, dall'espressione del volto e da altri fattori.

può voler dire tutto e il contrario di tutto; è assolutamente impossibile definire il criterio con cui viene usato. E al tempo stesso è inconcepibile che un livornese possa farne a meno per dialogare con i suoi concittadini.

Lui lì, dé, è fisso fra le palle.
trad. Quel tizio, porca miseria, è sempre tra i piedi.
Ma dé, arrivi ora?
trad. Ma come, arrivi solo adesso?
Dé no!
trad. Certo che ! Non sono mica fesso.
– Ieri ho fatto un go che nemmeno Maradona!
– Deeé... (alzando le sopracciglia e socchiudendo gli occhi)
traduzione:
– Ieri ho fatto un gol che non sarebbe riuscito neanche a Maradona!
– Certo, certo, col cavolo che ci credo.

La sua corretta grafia è:

1.   con accento acuto;

2.  de' con apostrofo.

Sono da evitare come la peste il (con accento grave) e il deh, che è un'antica esortazione del tutto priva di parentela con il livornese.

In caso di incertezza, tutto sommato è preferibile un bel de senza apostrofo, né accento, né altro.

† Delinguènte

Delinquente.

† Dì

Variante di .

Nel lessico più comune il di è completamente scomparso, ma rimane ancora ben presente nelle rappresentazioni teatrali in vernacolo.

Di 'olo
ossia: di colo

Ubriaco fradicio, "di colo", dal verbo colare.

– Oh, io fo 'r bagno.
– Ma sei di 'olo? L'acqua è stecchita. Mòi!
traduzione:
– Senti, io faccio il bagno.
– Ma sei ubriaco? L'acqua è gelida. Muori!
† Diàccio

Ghiaccio, freddissimo. Per rafforzare l'idea del freddo, spesso il diaccio viene accompagnato da stecchito o marmato: «diaccio stecchito», «diaccio marmato».

† Diacé
ossia: diacere

Giacere, stendersi, riposare.

Vo un po' a diacé sul letto.
trad. Vado un po' a stendermi sul letto.
(†) Diànzi

Poco fa, poco prima.

† Dìndi

I soldi dei bambini. Un po' come i citti.

(†) Dirazzolà
ossia: dirazzolare

Fare a fondo le pulizie di casa, togliere le ragnatele.

– Vieni 'on noi oggi?
– No, c'ho da pulì e dirazzolà.
(traduzione superflua)
(†) Disfattùra

Autodemolizione, sfasciacarrozze.

(†) Dóddo

Tonto, ritardato.

Dòmo
ossia: duomo

Domo non è che abbia un significato particolare, ma ha una funzione specifica: sostituisce culo nel celebre "vaffa".

Il livornese, quando ha bisogno di imprecare o di mandare al diavolo qualcuno senza oltrepassare un certo grado di volgarità, dice «Vaffandomo».

Identico compito viene svolto da tasca: «Vaffantasca!»

† Doventà
ossia: doventare

Diventare.

Mi fai doventà matto!
(traduzione superflua)
 
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