Buono a nulla.
Varianti: gavitèllo, tórsolo, bròdo, toppóne.
Come bagioge.
La lingua degli ebrei livornesi.
Epiteto scherzoso nei confronti di una persona bassa di statura. Buono anche per appellare colui che indossa abiti troppo larghi, o con maniche eccessivamente lunghe che lo rendono goffo.
Fionda.
Per motivi ignoti, a Livorno il termine fionda non viene quasi mai usato. Con il sostantivo balestra si indica, oltre alla balestra vera e propria, anche la fionda.
Alternativa a pipi.
Soprannome (o provvisorio appellativo) utile per salutare scherzosamente colui che va a spasso un po' troppo imbacuccato.
Sembra che un tempo, per le vie di Livorno (città dal clima piuttosto mite) circolasse un certo dottor Basòla, conosciuto per essere immancabilmente coperto da guanti, sciarpe e copricapo oltremodo pesanti.
Dal personaggio "Basola" al soprannome di chiunque s'imbacucchi, il passo è breve.
Corteggiare, fare il filo, stare dietro.
Chiedere di intraprendere una storia d'amore e ricevere un rifiuto.
Autoscontro. Le piccole automobili elettriche tipiche dei parchi di divertimento, provviste di respingenti di gomma per attutire gli urti.
Uno dei tanti modi per definire il culo (o il buco del culo) senza eccessiva volgarità. Pressappoco come ciocco.
Piccolo scialle.
A Livorno è più facile berlo un gelato, piuttosto che mangiarlo. Evidentemente i labronici lo sentono più un cibo liquido che solido.
Conquistare, trovare uno o più partner per l'occasione.
Frignare, lamentarsi, piagnucolare.
Bretelle.
Preso in prestito dal nome di un serpente, è uno dei mille modi per definire l'organo genitale maschile.
I ripugnanti depositi di saliva che si formano agli angoli della bocca.
Bambino, figlio, ragazzo.
C'è da notare che nel livornese di qualche anno fa, bambino non figurava; esisteva solo bimbo, bimba, bimbino, bimbina, bimbini.
A Livorno può succedere di chiamare bimbo il figlio, anche se il genitore ha 98 anni e il rampollo 73. Non sto esagerando: è così davvero.
Colui che ci vede poco e male.
Barlume di luce, albeggio.
L'organo genitale maschile, il pipi. Viene usato anche alla maniera fiorentina, per indicare il fesso.
Colpetto che si dà col dito a qualcosa o qualcuno, facendo scattare l'indice o il medio sul pollice.
Particella lessicale che sostituisce «basta». Probabilmente è la contrazione di bòno, nel senso di «ok, buono, siamo a posto».
Il bo può rendersi utile in varie circostanze, ma viene usato soprattutto a tavola per dire «basta, grazie, è sufficiente» alla persona che gentilmente ci sta versando da bere.
Come bodda o bodda marina. Vedi bodda.
A mo' di sfottimento, così viene chiamato colui che è di gusti difficili a tavola.
Probabilmente sporta sostituisce potta (grazie alla forte assonanza) per evitare la volgarità. Ma è solo un'ipotesi.
Varichina o disinfettante simile.
Oggetto di piccole dimensioni ma pesante, adatto ad essere lanciato con le mani o con la fionda. E' utile per cogliere in pieno certi bersagli, soprattutto nei giochi da strada.
Appellativo non troppo gentile che viene dato a colui (più spesso colei) che è in abbontante sovrappeso.
Vedi bodda, è sostanzialmente la stessa cosa.
Rozza esclamazione che sta per «Accidenti!» «Accipicchia!» «Perbacco!»
Oggi dire boia viene visto come peccatuccio veniale, qualcosa di poco educato, che tuttavia non scandalizza nessuno. Un tempo veniva considerato autentica volgarità: il bambino che esclamava boia! davanti ai genitori, nove su dieci si prendeva uno schiaffo sul viso. Anzi, diciamola come va detta: si beccava 'n ciaffone nella ghigna.
Boxe, pugilato. Si pronuncia anche bòchisse.
Indica il bere. E' un vocabolo infantile usato dai bambini o per rivolgersi ai bambini.
Il suo corrispondente fiorentino è mómmo.
Saluto molto confidenziale. A differenza di ciao, che può essere usato sia incontrando, sia lasciando un amico, bona serve solo nel momento del commiato. E' piuttosto frequente ascoltarlo seguito da "Ugo".
Grasso, obeso.
Patta dei pantaloni, indifferentemente con cerniera o bottoni.
Tombino, bottino, pozzo nero. Oppure sinonimo di chiusino, che in italiano indica la lastra che serve a coprire un pozzetto, specialmente quello delle fogne.
In tutta Italia il branco è un gruppo; che sia di uomini o di animali poco importa: sempre gruppo rimane. A Livorno, invece, si possono tranquillamente ascoltare frasi come «ho mangiato un branco di torta» oppure «ho perso un branco di tempo», perché branco assume il significato di tanto, tantissimo, quantità enorme. Il gruppo non è indispensabile per parlare di branco.
Ubriaco.
Ubriaco fradicio, come una tegola grondante.
Varianti:
- briao tegolo
- briao fradicio
- briao mézzo
- briao di strizzo
- briao di 'olo
Colui che è sempre ubriaco.
Minuzzoli di pane, briciole. A Livorno si preferisce pensarli maschietti anziché femminucce.
Fesso, bischero.
Variante di brocco.
Buono a nulla.
Varianti: gavitello, baccalà, tórsolo, toppóne.
Solo nella locuzione fare brucia.
Luogo o situazione particolarmente fortunata, favorevole.
Pidocchio, il parassita dell'uomo che si nasconde fra i capelli.
Nome di fantasia di un cinema scalcinato, pieno di pidocchi, che il livornese usa per contrapporlo al nome di luoghi sfarzosi ed eleganti.
Gran puttana.
Budello, al pari di tegame, è uno dei vocaboli più volgari e caratterizzanti la lingua labronica. Ad esempio, «Ir budello di tu' ma'» (la puttana di tua madre), è da considerarsi un classico.
Bullone, vite filettata.
E' un modo volgare (ma scherzoso) per indicare la posizione del corpo che si curva di 90 gradi. Come bùo ritto, peorìna, bùo di gallina, bùo levere.
Il suo corrispondente fiorentino è buho pillonzi.
Brutta persona, carogna.
Esiste ed è altrettanto usata la forma ancor più contratta budiùlo.
È un termine molto, molto volgare, usato solo in espressioni altamente offensive come la buóna di tu' ma' (la bucona di tua madre).
Trovo inutile esporne il significato: lo si capisce.
Burattino.
Sputo.
Contenitore piuttosto grande, in genere di latta, usato soprattutto per raccogliere i rifiuti.
Fino a qualche decennio fa, a Livorno il cassonetto dell'immondizia veniva chiamato bussolo. E quando era necessario precisare, diventava ir bussolo der sudicio.
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