Gioco del calcio che si disputa all'interno di un gabbione.
Secondo gli esperti, la gabbionata è l'ispiratrice dell'odierno calcio a cinque, chiamato calcetto.
Campo recintato da una rete mettallica, al cui interno si disputa la gabbionata.
Cabina.
Solo nella locuzione prendere gambone.
Mandibola o "intera guancia". E' un termine che viene usato per esprimere simpatia verso il viso paffuto di un bambino, di un amico; oppure per appellare colui che è di appetito robusto.
Chiocciolina di mare. Più raro: cangillo.
Persona furba, scaltra; oppure abile, capace, che suscita ammirazione. Può anche indicare un oggetto particolarmente originale o ingegnoso.
L'amante segreto.
Voce potente, vigorosa, talvolta assordante.
Gargarozzo, gola. Qualcuno chiama gargherozzo anche il pomo d'Adamo.
Variante di gargherozzo.
Uno dei tanti modi per appellare il buono a nulla. È probabile si tratti della fusione tra gavitello e coglione.
In teoria significa «malato di gavìne, affetto da tumefazioni deturpanti sul viso e sul collo». In pratica a Livorno gavinoso viene usato unicamente in forma di antifrasi, per contrapporsi a bello, attraente, ben vestito, ben acconciato. Quella di porsi verbalmente di fronte al peggio per evidenziare il meglio, è caratteristica tutta labronica.
Buono a nulla.
Varianti: torsolo, baccalà, brodo, toppone.
Gonfiore, bubbone.
Gelosia, perlopiù infantile. Quando due adulti si accorgono che il bambino manifesta i tipici segnali della gelosia (es. pretende eccessiva attenzione in presenza di un altro bambino, di un animale domestico ecc.) sono soliti dire «Ir bimbo c'ha i geloni».
Ginnastica.
I pezzi numerati che si estraggono dall'apposito sacchetto nel gioco della tombola.
In italiano ghigna significa "volto arcigno e di espressione sinistra". A Livorno no, o non necessariamente; tant'è che il tipico complimento rivolto a un bambino è «Bella ghigna!»
In sostanza, ghigna vuol semplicemente dire viso, faccia. In rari casi brutta faccia; più spesso bella, simpatica faccia.
Vedi la locuzione battere una ghignata.
Altrimenti detto ghinè e cambrì, è un antico gioco popolare da strada, in italiano detto Lippa, diffuso in tutta la Penisola, con piccole differenze di attrezzatura e regolamento che variano da luogo a luogo.
Per giocare a ghinè occorrono un bastone e un rocchetto (sorta di cilindro con estremità coniche), entrambi di legno. Si prende il bastone in mano e si lascia il rocchetto in terra, lo si colpice una prima volta per farlo schizzare in alto, e una seconda quando è in aria per lanciarlo il più lontano possibile.
In strada il gioco non viene più praticato, ma nella lingua labronica il ghinè rimane vivo per immaginarlo nella testa di colui che ha appena detto un'idiozia; un po' come se in quel cervello vi fosse un rocchetto che salta, ruota impazzito e schizza via.
Appellativo rivolto a colui che ha la testa voluminosa. Per estensione testa di cazzo.
Fesso, bischero, tonno.
Giacca da uomo.
A Livorno è improbabile ascoltare il termine giacca. Può succedere, sì, ad esempio entrando in un negozio di abbigliamento: «Signore, ha bisogno di una giacca?». Ma in famiglia o con amici, la giacca diventa sistematicamente giacchetta.
Compito di semplice realizzazione, cosa di poco conto, bazzecola.
Gengive.
Geografia.
Dalla Treccani, il giuggiolone viene così definito: «Persona semplice, bonacciona, lenta nell’azione e nei movimenti, di cervello non molto sviluppato; si dice spec. di ragazzo cresciuto fisicamente innanzi tempo ma rimasto ingenuo, inesperto».
A Livorno il significato è simile, ma più indicante il ragazzo mammone, spesso in cerca di gesti affettuosi.
Buonsenso, capacità di riflettere. Viene usato soprattutto in frasi negative: «Se c'avesse un po' di gnegnero un si metterebbe fisso ne' 'asìni». (Se avesse un po' di buonsenso non si troverebbe sempre nei guai).
Deformazione del pronome personale composto glielo.
Deformazione e "uniformazione" dei pronomi personali composti glielo, gliela, glieli, gliele.
Gol, goal.
Forte colpo alla gola con la mano, gozzone.
Colpo alla gola con la mano. Come gollettone, un po' meno violento.
Il comune elastico circolare che serve per avvolgere e tenere insieme oggetti di vario genere.
Gonna.
In un certo senso, questo vocabolo subisce la stessa sorte di giacchetta, quindi su di esso diremo l'identica cosa.
A Livorno è improbabile ascoltare il termine gonna. Può succedere, sì, ad esempio entrando in un negozio di abbigliamento: «Signora, ha bisogno di una gonna?». Ma in famiglia o con amici la gonna diventa sistematicamente gonnella.
Gran bel sorso, ampia sorsata.
Forte colpo alla gola (al "gozzo") dato con la mano, gollettone.
Scopa, l'arnese con cui si spazzano i pavimenti.
Ragazzo visibilmente cresciuto ma ancora molto bambino.
Uomo rozzo, grossolano, ignorante.
Sembra che al nord, specialmente in Liguria e in Veneto, i grebani siano i dirupi; zone impervie, lontane dalla città, luoghi da evitare. Per estensione, il grebano è colui che vive in quei posti.
Ancora una volta, il livornese mette in evidenza insospettabili contaminazioni linguistiche.
Sgridare, redarguire, brontolare qualcuno.
Crogiolare, cuocere a fuoco lento.
Il riflessivo è grogiolarsi, pronunciato grogiolassi.
Impatto violento della schiena contro un ostacolo.
Saluto confidenziale che viene usato incontrando qualcuno: «Gua', chi si vede!»
A Livorno il termine guappo non è obbligatoriamente riferito all'arrogante o al camorrista; anzi, spesso si usa per sfottere bonariamente l'amico che, uscendo di casa col vestito della domenica, ha tutta l'aria di sentirsi belloccio e attraente.
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