E' un modo non garbato ma fortemente colorito per definire l'orifizio anale.
E' probabile che il sostantivo caapranzi nasca nella seconda metà del 900, cioè abbastanza recentemente. Non che possa chiamarsi neologismo, ma è quantomeno da definirsi giovincello, in rapporto alla maggior parte dei vocaboli presenti nel dizionario.
Fifa, paura.
Pavido, pusillanime. Colui che se la fa addosso per un nonnulla.
Si usa per indicare (o per chiamare) un uomo basso di statura, così basso che non importa si sieda per cacare.
Inoltre, essendo sinonimo di mezzasega (persona di modesta statura), ne subisce la stessa sorte, vale a dire che in senso figurato può anche significare uomo di nessun valore, sbruffone da quattro soldi.
Per questo vocabolo vale quanto detto nella precisazione di aggaì.
È una zuppa a base di pesce, la più conosciuta fra le pietanze
Sono molte le leggende sulla nascita del cacciucco alla livornese, e numerose le "giuste ricette" per cucinarlo a dovere. La verità è che un tempo il cacciucco veniva preparato né più né meno con gli avanzi della pesca rimasti invenduti, cioè con qualunque tipo di pesce, crostaceo e mollusco. La "giusta ricetta" se la inventava di giorno in giorno chi stava vicino ai fornelli.
Quantità irrisoria, perlopiù riferita al cibo.
Persona noiosa, uggiosa, schizzinosa; o persona malaticcia, piena d’acciacchi, e che spesso se ne lamenta fino a rendersi intollerabile.
Gabinetto, stanza da bagno.
Maglietta intima di lana, maglia della salute.
Camminare.
Usato a Livorno e in larga parte della Toscana, significa disordine, confusione, baccano.
Muco nasale che pende dalle narici al labbro superiore. Si parla di candele o candeline quasi esclusivamente riferendosi a quelle di un bambino.
Variante meno comune di gangillo.
Canottiera.
Cassetto, specialmente del canterale.
Il cassetto più in alto e più importante del canterale, quello in cui si ripongono gli oggetti più preziosi della casa.
Mobile con più cassetti. Cassettone, canterano.
Di aspetto o sapore sgradevole.
Camomilla.
Solo nella locuzione fare 'r cappottino.
Il caldano, come molti sanno, è un antico contenitore di brace accesa, un tempo utilizzato per riscaldare il corpo. Oggi lo si è abbandonato, ma il livornese in qualche modo cerca di mantenerlo in vita. Non per farne un uso pratico, ma per immaginarlo fantasiosamente nella testa dell'interlocutore che ha appena detto una corbelleria, il cui cervello sembra compromesso da una sorta di surriscaldamento.
Carriola.
Giostre per bambini.
Di salute cagionevole vera o presunta, ipocondriaco. È un appellativo che ben si addice a colui che si lagna continuamente e tediosamente dei propri malanni.
Uomo di modesta statura.
A sedere.
Si trova nelle locuzioni famigliari essere, stare, mettersi a ceccia, usate specialmente tra bambini o per rivolgersi ai bambini.
Il suo corrispondente fiorentino è cécce.
Vedi la locuzione dare una cenciata e i suoi diversi significati.
Straccio, specialmente quello per strusciare.
Testone, zuccone.
L'interiezione chè equivale a dire «Come no! La tal cosa è come dico io, non come dici tu!»
Solitamente il chè viene abbinato a un impercettibile spostamento del viso dal basso verso l'alto, come a sottintendere «La so più lunga di te, e manifesto sicurezza guardandoti dall'alto».
Come rafforzativo, talvolta può esservi aggiunto un no: «chè no!»
Attenzione al suo accento grave: si pronuncia chè, non ché.
Chiacchierare.
Colui che produce e vende i chicchi.
Dolciume, chicca. Anche il ciucciamèlo è un chicco.
In virtù di una regola stabilita chissà dove e chissà quando, se il pronome chi si trova solitario (o arriva per ultimo) in una domanda, viene arricchito da una e supplementare:
— chie? (chi?)
— 'nzieme a chie? (insieme a chi?)
La vocale aggiunta non ha un preciso significato. Un'ipotesi è che nasca come espediente acustico mirato a prolungare la domanda stessa, forse per renderla più "impicciona", quindi densa di complicità; oppure più minacciosa, se pronunciata con durezza. È probabile, in sostanza, che quella e apparentemente superflua sia un inconsapevole tentativo di ricevere una risposta più rapida e sincera.
Testone, duro di comprendonio.
Testone, chioccolo.
Chierichetto.
Ficcare il naso, impicciarsi degli affari altrui.
Colui che non si fa mai gli affari propri. Ficcanaso.
Variante: ciaccino.
Ceffone.
Berretto di lana con pon pon.
Fino a qualche anno fa il cicio veniva creato in casa dalla sferruzzatrice più esperta, e perlopiù veniva usato per ripararsi la testa dal freddo nelle giornate più rigide. Lo portavano persone di tutte le età e di entrambi i sessi.
Oggi il cicio è in commercio ovunque, lo si trova tanto nei grandi magazzini quanto sulle bancarelle. Da essere indumento di "sopravvivenza", nel tempo si è trasformato in copricapo decorativo, in particolar modo per le giovani donne.
Pane e torta. La torta è di ceci, quella che fuori da Livorno viene chiamata cecìna.
Il pane e torta prende il nome di cinque e cinque perché un tempo al tortaio si chiedevano cinque centesimi di pane e altri cinque di torta.
Qualcuno sostiene che si trattasse di cinque lire e non di cinque centesimi. Chissà, forse è vero.
Fra i tanti, è un modo per dire buco del culo senza eccessiva volgarità. Come baugigi.
Tazza larga senza manico, ciotola.
Strumento da cucina, stoviglia.
Cispa, il residuo solido del secreto lacrimale che si forma agli angoli degli occhi.
Gioco di carte simile a Scala Quaranta.
Pieno centro della città.
Dire «Vo in città», a Livorno significa «Vado in centro».
In molte zone d'Italia, compresa buona parte della Toscana, citto significa bambino, ragazzo. A Livorno e zone limitrofe, invece, il citto è un vocabolo infantile, usato dai bambini o per rivolgersi ai bambini, e assume il singolare significato di soldo, soldino.
Bicicletta.
Non è certo che ciua volesse dire bicicletta in tutta Livorno. Forse in alcuni rioni si usava, in altri no.
Caramella con bastoncino, il tipico lecca-lecca per bambini.
Notare l'accento tonico: ciucciamèlo. Se tale accento cadesse sulla u (ciùcciamelo) il vocabolo avrebbe un significato ben diverso; ed è inutile specificare quale: trattasi di un verbo all'imperativo diffuso in tutta Italia.
Bacio alla francese.
Il modo più comune per chiamare un gatto.
Dall'inglese chewing gum, è la gomma da masticare. Come in ogni città d'Italia, nel tempo il vocabolo subisce un suo peculiare processo di italianizzazione, che tutto sommato a Livorno rimane assai vicino alla pronuncia originaria.
Vedi ciuinga.
Per un toscano verace è inconcepibile terminare un vocabolo con una consonante: ciuingam non gli va proprio a genio. Può solo scegliere fra ciuinga e ciuingamme.
Solo nella locuzione fare comparita.
Coniglio.
In italiano significa vincere, conquistare, sconfiggere. In livornese è più vicino ad assillare, rompere le scatole, sfinire (dai discorsi, dalle lamentele, dalle richieste). E' simile a limare, con una sfumatura di estenuazione ancor più accentuata.
In italiano, il corbello è un recipiente fatto di legno o di vimini, ideale per raccogliere castagne, mele, segatura ecc.
A Livorno e in altre città della Toscana, il corbello assume il significato di moltitudine. È un'ottima alternativa a branco, a fottio e ad altri vocaboli attraverso i quali si vuol dare l'idea di un'enorme quantità.
Grissino.
Clistere, enteroclisma.
Gruccia, l'arnese che serve per appendere gli indumenti nell'armadio.
Nome di un paese immaginario, estremamente lontano.
Vedi scuccussù.
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